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Le tecniche endovascolari per la cura delle patologie venose e arteriose
Intervista al dottor Marco Piercarlo Viani chirurgo vascolare, specialista in chirurgia vascolare, specialista in chirurgia generale, ha ricoperto la carica di Direttore di chirurgia vascolare del Fatebenefratelli per dodici anni, Presidente della Società italiana di Flebologia, da inizio ottobre il dottor Viani è responsabile dell’Unità Operativa Chirurgia Vascolare dell’Istituto Clinico Città Studi.
Dottore lei si occupa delle patologie vascolari che riguardano un gran numero di persone. Come si sono evoluti cure ed interventi in questo ambito?
I trattamenti che riguardano le patologie venose e arteriose che noi curiamo sono completamente mutati nell’ultimo decennio. La cura delle patologie arteriose degli arti inferiori, dell’aorta addominale, dell’aorta toracica e anche delle carotidi è radicalmente cambiata con l’avvento delle tecniche endovascolari. Tali innovazioni hanno fatto sì che nascesse una nuova figura professionale, quella del chirurgo endovascolare. Un professionista che possiede la conoscenza e la pratica delle tecniche chirurgiche tradizionali unite a quelle endovascolari. L’unità che dirigo in ICCS, in coerenza con questa evoluzione, ha iniziato ad intervenire con trattamenti endovascolari sia per gli aneurismi dell’aorta addominale sia per gli arti inferiori, in particolare per le rivascolarizzazioni che riguardano il gran numero di pazienti che vengono curati per il piede diabetico. Questa attività sarà sicuramente incrementata con la collaborazione degli emodinamisti, uno dei tanti punti forza dell’Istituto.
Qual è l’iter diagnostico terapeutico di un suo paziente tipo?
L’iter è abbastanza semplice e nasce da un quesito di base: il paziente ha una patologia di tipo arterioso o di tipo venoso? Nel primo caso il paziente lamenta solitamente problemi alla deambulazione e quindi sarà visto dal chirurgo vascolare che dopo una visita clinica e l’esecuzione di un ecocolordoppler potrà esprimere una prima valutazione. Successivamente, verranno condotti degli esami di secondo livello, generalmente delle angiotac. Tutte queste analisi permettono al chirurgo la ricostruzione tridimensionale delle lesioni delle arterie in modo da poter programmare il trattamento del paziente. La chirurgia endovascolare a differenza di quella tradizionale ha bisogno di informazioni molto più dettagliate e precise da qui il ricorso a esami di secondo livello. Nel caso di un paziente con patologie di tipo venoso, va sottolineato che l’approccio diagnostico e gli interventi sugli arti inferiori sono radicalmente cambiati.
L’avvento dell’emodinamica ha consentito di comprendere meglio le alterazioni della circolazione venosa degli arti inferiori. Con questo nuovo approccio diagnostico oggi sappiamo che circa il cinquanta per cento dei pazienti che soffrono di varici agli arti inferiori non deve togliere la grande o piccola safena al contrario del passato. Oggi un paziente su due deve essere sottoposto a un intervento che non è quello dell’ablazione della safena, ma è rappresentato da una procedura mini invasiva che consente di risolvere il problema conservando la safena. La vecchia tecnica chirurgica è stata oggi completamente superata. Per esempio nel trattamento delle varici, patologia che interessa oltre il 20% della popolazione, si interviene con tecniche mininvasive quali la termo sclerosi laser o con radiofrequenza, che hanno sostituito più il tradizionale stripping (strappo) della vena safena da sotto la pelle.
Con queste tecniche utilizzate in anestesia locale non si producono tagli, il paziente non prova dolore e la sua ripresa è immediata.
I pazienti come giudicano questi trattamenti?
Per il paziente con patologie arteriose la reazione è di soddisfazione totale. La mancanza di dolore dopo l’intervento, a volte anche molto complesso, dovuta alle mini incisioni sul corpo o a delle semplici punture evita al paziente uno dei maggiori disagi che venivano inflitti dall’intervento chirurgico. Per quanto riguarda l’intervento su pazienti con problemi venosi, in passato erano necessarie degenze perfino di sette giorni e oltre. Ora costoro vengono dimessi dalla nostra clinica nella giornata stessa dell’intervento senza aver accusato alcun dolore.
Va poi citato, nella nostra struttura, il Centro di eccellenza del Piede Diabetico che vede il lavoro di professionisti di grande valore. È un’equipe formata da tutte quelle figure professionali che sono indispensabili per curare con successo i malati di piede diabetico. Si tratta di un valore aggiunto offerto dall’ICCS ai pazienti di questa patologia che per questo vengono segnalati anche da altri nosocomi alla nostra clinica.
Dopo il primo mese di lavoro in ICCS qual è la sua prima sintetica impressione?
Grande professionalità dei collaboratori, dal reparto alla sala operatoria e un’attenzione assoluta per il paziente.